All'indomani delle elezioni politiche e amministrative, e mentre si prepara la grande mobilitazione contro il G8 di Genova con un ricco e plurale fermento di iniziative in ogni città, ci sembra ancora più necessario riprendere e consolidare quel dibattito e quel confronto iniziati nei mesi scorsi con le due assemblee pubbliche (tenutesi il 24 febbraio e il 5 maggio a Torino) .
Le nostre riflessioni e proposte avevano preso le forme iniziali dell'appello "Per una Nuova Politica", che aveva visto l'adesione, partecipazione e intervento di centinaia di persone, associazioni e gruppi di tutta Italia, a muovere dal rapporto tra impegno nel sociale e proposta politica. Nel periodo storico segnato dal fordismo l'impetuosità del politico ha divorato la lentezza del sociale, le cui istanze organizzate, anche quando nate come autonome, finivano talvolta per assumere il ruolo ideale di ancelle e quello concreto di "cinghie di trasmissione" dei partiti. Ora questo rapporto si è via via trasformato, traducendosi spesso in funzione lobbistica: ad alta intensità per chi incarna comunque poteri forti; a bassa intensità per chi cerca di difendere i diritti delle fasce deboli. Basti guardare al fatto che temi come le povertà, l'immigrazione (se non sul versante della paura), il lavoro servile nella nuova e vecchia economia, le politiche sulle droghe, i problemi del carcere e della giustizia, il diritto alla salute e a un ambiente sano e vivibile, i diritti delle donne e quelli civili sono risultati assolutamente assenti (con eccezioni più uniche che rare) dall'agenda e dai programmi elettorali.
In una campagna elettorale segnata dalla rincorsa e dall'enfatizzazione
di problemi quali la sicurezza urbana, in ogni caso la vittoria
sarebbe stata quella del potere per il potere. I risultati elettorali raccontano comunque di una completa afasia nei confronti delle istanze sociali che è il risultato di uno scollamento crescente e di una sordità persistente rispetto a quel che nel territorio - sotto la coltre omologata e mediatica, e nonostante l'arroganza degli interessi forti - comunque esiste e cresce: il maturare di soggettività, sensibilità e culture di nuova partecipazione; il diffondersi di nuovi bisogni e nuovi diritti e di una nuova capacità di promuovere istanze che li promuovano e valorizzino. Insomma: c'é un "nuovo" diffuso, chiaramente conflittuale rispetto a un sistema di potere senescente, che non di rado produce arroganza, esclusione e violenza verso le fasce sociali più deboli, tanto nei Sud del mondo quanto nell'Occidente sviluppato, e decisamente alternativo rispetto a forze politiche troppo spesso arroccate sull'autoconservazione e sulla difesa dei privilegi. La situazione infatti, rispetto al passato, si é rovesciata. Appare, non solo in Italia, una dimensione della politica aggrappata alla conservazione dell'esistente, in forte difficoltà di fronte alle trasformazioni in atto, piegata sull'adeguamento alle imposizioni di organismi sovranazionali che determinano tempi e ritmi dell'economia, accentuando la stratificazione di nuove disuguaglianze; e appare, di contro, un sociale vivace e in movimento, dentro e contro gli squilibri provocati e indotti da una globalizzazione senz'anima e da una politica senza passione e senza progetto. Un sociale dentro, ma non sempre contro. Perché il sociale - così come le forze politiche - non é un tutto indistinto. Vi é chi di fronte alla crisi del welfare state propone percorsi di welfare society, che alludono pesantemente al ritorno in scena del privato come terreno dell'assistenza, della beneficenza e della solidarietà. In altre parole, di una sussidiarietà che rischia di favorire la trasformazione della cittadinanza in nuova sudditanza: secondo quella visione, i poveri e gli emarginati esistono e vanno assistiti, ma rispettando le regole del gioco e gli interessi prioritari dettati da chi governa l'economia. Una nicchia che deve sapere stare al suo posto, dimenticando ogni conflittualità e ogni universalità dei diritti fondamentali. Anche nel lavoro, le attività più umili e meno retribuite vengono incasellate come "privilegio" delle cosiddette categorie deboli, che dovrebbero mostrarsi contente di un lavoro senza alcuna qualità, di estrema precarietà e di un reddito scadente. E questo, purtroppo, traversa e contamina anche una parte del mondo della cooperazione sociale. Questa é una logica che a volte dobbiamo subire e in cui non ci riconosciamo e rispetto cui, anzi e anche attraverso quest'iniziativa, ci proponiamo di costituire e consolidare un'alternativa autorevole, diffusa, radicata. Anche perché siamo convinti che la giustizia non si ottiene rendendo maggiormente confortevoli i percorsi di esclusione sociale, bensì individuandone e rimuovendone le cause. Insomma, vogliamo contribuire a costruire il "sociale dei diritti", come critica pratica, culturale e politica al rischio invadente di un "sociale degli affari". Un percorso per costruire un'identità coesa e non frammentata: in dialettica con la società, con le formazioni politiche meno lontane, ma non succube o acritica neppure rispetto a quelle più vicine. Che provi a superare schemi di gruppo o di bottega e vizi di autoreferenzialità o vocazioni al minoritarismo. Che cerchi di cucire l'impegno sui singoli temi con una battaglia ampia sul terreno dei diritti umani. Che si prefigga di coniugare la presenza reale sul territorio con un impegno politico attento e interno alle dinamiche generali. Dalla strada emergono infatti saperi che segnalano le contraddizioni del modello neoliberista, mentre, spesso, i luoghi istituzionali risultano adeguati acriticamente alle logiche del mercato e alle sue priorità. Quei saperi sono il filo attraverso cui vorremmo dipanare protagonismo politico e pratica sociale, attraverso la costruzione di una legittimità e di forza dal basso, che non sta nelle sezioni vuote dei partiti, ma nel ventre vivo della società: un percorso, dunque, lontano anni luce dai modelli attuali.
Ci sembra di poter dire che anche i recenti risultati elettorali
confortano questa lettura. Ci sentiamo ancora di pi incoraggiati
e sollecitati nella tensione a ricostruire, partendo dal territorio
e dalla vita, dai bisogni e dai diritti concreti delle persone concrete,
una capacit di cambiamento politico, una voglia di organizzarne
le gambe e definirne i passaggi. Senza presunzioni, in una logica
di rete con quanto esiste da tempo come esperienze e come consapevolezze
acquisite, ma con forza inedita, con la determinazione e la passione
dell'impegno civile, sociale e politico.
Proponiamo di continuare a discutere di tutto ci in un terzo momento
pubblico.
L'appuntamento è: venerdì 29 giugno, ore 20.30 a Milano presso la Casa della Cultura, via Borgogna 3 (fermata metrò San Babila)
Vittorio Agnoletto - LILA nazionale, Stefano Anastasia - Ass.
Antigone, Maurizio Baruffi - Consigliere Comunale (Milano), Cecco
Bellosi - Comunit Il Gabbiano-Coordinamento Case Alloggio Malati
AIDS (Tirano), Aldo Bonomi - AASTER (Milano), don Ettore Cannavera
- Conferenza Volontariato Giustizia Sardegna (Cagliari), Franco
Corleone - Consigliere Provinciale (Udine), Sergio Cusani - Ass.
Liberi (Milano), Antonio D'Alessandro - PARSEC (Roma), Sergio D'Angelo
- GESCO (Napoli), don Vitaliano Della Sala - parroco S. Angelo a
Scala (Avellino), Daniele Farina (Milano), Livio Ferrari - Conferenza
Nazionale Volontariato Giustizia, Paolo Ferrero - PRC, don Andrea
Gallo - Comunit San Benedetto al Porto (Genova), "Miracolo a Milano",
Andrea Morniroli - Cantieri sociali (Napoli), Giuliano Pisapia -
deputato (Milano), Marco Revelli - docente universit di Alessandria,
Marco Rigamo - Radio evasione (Padova), Susanna Ronconi - Gruppo
Abele (Torino), Sergio Segio - Gruppo Abele (Torino), Pierluigi
Sullo - Carta-Cantieri Sociali
Per adesioni e informazioni:
abele@inrete.it
tel. 011.8142756-770
Materiali su: http://www.arpnet.it/abele
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