E
anche di corteggiamenti e di strumentalizzazioni, non sempre rifiutati:
si veda, ad esempio, un recente convegno dal titolo "Più spazio
al non profit in Italia".
Sabato 24 febbraio dalle ore 17.00
a Torino presso l'Unione Culturale,
via C. Battisti 4
Il cosiddetto Terzo settore - o, meglio, le realtà
di disagio, esclusione e povertà cui esso rimanda - non hanno bisogno
tanto di "più spazio", quanto di maggiore giustizia sociale, vale
a dire riconoscimento, dignità e peso nel determinare le politiche
e le scelte in materia sociale. Il che presuppone anche, da parte
del Terzo settore (che pure è attraversato da differenze, anche
profonde, proprio su questi temi, sulla propria identità, funzione
e autonomia, sul rapporto con la politica), di una nuova e diversa
consapevolezza di sé. Diversamente, si vuole e si vorrebbe sempre
più trasformarlo in un sostituto dello stato sociale, in un gestore
a basso costo di servizi, usarlo come alibi nello smantellamento
di diritti fondamentali della persona. Oppure e appunto si tenta
di "colonizzarlo". Al contempo amputandolo della coscienza critica
e politica, della necessità di tenere rigorosamente assieme solidarietà
e giustizia, cultura e politica, valori e pratica sociale.
Anche per queste dinamiche, per questo progressivo
scollamento tra società civile e rappresentanza politica, non è
allora un caso che in Italia esista un "partito virtuale" assai
forte. Un "partito" a due cifre percentuali che, pur avendo molte
ragioni, non conta nulla: è il partito dell’astensione, del non
voto e del voto di protesta che cresce, elezione dopo elezione.
Si tratta di milioni di uomini e donne accomunati
dal fatto di essere progressivamente delusi, amareggiati ed emarginati
da una politica vuota e da un sistema politico assai spesso autoconservativo
e autoreferenziale.
I primi passi della campagna elettorale che si sta
precocemente aprendo sembrano confermare la sterilità e demagogia
di programmi politici privi di credibilità, poiché troppo simili,
cloni di un pericoloso "Pensiero unico" che da tempo ha soppiantato
il confronto plurale e la libera competizione tra idee e valori,
riferimenti e interessi, progetti e proposte.
L’interscambiabilità dei programmi elettorali introduce
un virus pericoloso per la democrazia; il massiccio fenomeno della
cosiddetta "transumanza" degli eletti tra i Poli, tra Gruppi parlamentari
o partiti alternativi solo in apparenza, rischia di rendere quella
stessa democrazia una finzione e l’impegno politico un redditizio
investimento economico.
Del resto, una politica ridotta a fatto tecnico e
succube dei sondaggi (che, a loro volta, riducono i cittadini a
"macchine" di un consenso binario e superficiale), che non promuove
ed anzi rifiuta la partecipazione, che rifugge la passione civile
e la battaglia delle idee in nome di un freddo pragmatismo, che
rinuncia alla progettualità limitandosi alla gestione, è una politica
vecchia e cinica. È una politica che persegue un governo della società
e dello stato come puro esercizio di potere, come conservazione
dei privilegi delle fasce sociali più forti, a fronte di cui stanno
invece gli interessi, i diritti e i bisogni di milioni di cittadini
che non trovano oggi sufficiente tutela e rappresentazione.
Cittadini che subiscono infatti sulla propria pelle
l’assenza o il deficit di politiche eque e attente ai valori della
giustizia sociale e delle libertà. Allo stesso tempo, sono orfani
di una politica capace di rappresentare per davvero i loro legittimi
e disattesi interessi, valorizzandone la partecipazione e il protagonismo
sociale.
Eppure, esiste una società civile che quotidianamente
opera in vario modo sul territorio producendo identità e legame
sociale, vale a dire ricerca di senso, reti di comunicazione, percorsi
solidali. Anch’essa ha molte ragioni e buone pratiche, ma non conta
nulla. Non ha potere e viene sovente usata e strumentalizzata per
sopperire a basso costo alle politiche sociali disattese, a quei
servizi socio-sanitari e a quei diritti di cittadinanza che vengono
sempre più negati a intere fasce di popolazione, si tratti di anziani
o di giovani, di poveri o di immigrati, di lavoratori precari o
di famiglie monoreddito, di malati o di sofferenti.
È una società civile che deve contarsi per poter contare.
Deve discutere per poter proporre.
Per discutere
dei problemi sociali più drammatici, per confrontarci sui temi dell’ambiente,
del lavoro, delle povertà, della sanità e della giustizia.
Per contarci
per costruire collegamento e identità, per uscire dalla passività,
dalla rassegnazione o dalla logica della "delega", vogliamo incontrarci
in un appuntamento a carattere nazionale
Aderiscono e intervengono, tra gli altri:
Vittorio AGNOLETTO (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS),
Aldo BONOMI (AASTER), don Luigi CIOTTI (Gruppo Abele e Libera),
Livio FERRARI (Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia), Fabio
LEVI (Università di Torino), Livio PEPINO (Magistratura Democratica),
Marco REVELLI (Università di Torino), Pierluigi SULLO (Carta-Cantieri
Sociali), Guido TALLONE (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza),
Grazia ZUFFA (Fuoriluogo-Forum Droghe), coordina Sergio SEGIO (Gruppo
Abele)
Per adesioni e informazioni:
Gruppo Abele, tel. 011. 8142756, fax 011.8142749
e-mail: abele@inrete.it
http://www.arpnet.it/abele/welcome.htm
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